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Breve storia della filettatura

Breve storia della filettatura

Breve storia della filettatura

Premessa:

Molta acqua è passata sotto i ponti – si può ben dire in questo caso – da quando Archimede 22 secoli fa ebbe l’intuizione di creare un profilo elicoidale in grado di trasformare le forze radiali in assiali per spostare l’acqua dal basso verso l’alto; probabilmente non immaginando che un’invenzione nata per risolvere un piccolo problema pratico avrebbe giocato un ruolo così importante nell’evoluzione dell'industria moderna.
Oggi “le viti tengono assieme il mondo”; vengono chiamate Fasteners dall’inglese “fasten” che sta per “fissare, attaccare, collegare”. E possiamo affermare che quasi non esistano prodotti industriali complessi che non utilizzino sistemi di fissaggio per il loro assemblaggio: fasteners, per l’appunto.
Ripercorriamo assieme attraverso i secoli la storia della loro evoluzione.

Le origini:

Trascurando alcuni scritti che fanno risalire i primi tentativi e le prime applicazioni di “perni con scanalature elicoidali” a circa 2500 anni fa, attribuiti a Greci e Egiziani, i primi riferimenti certi risalgono a circa 200 anni prima di Cristo, grazie all’applicazione di Archimede.
Da allora e per molti secoli la scanalatura elicoidale si è lentamente trasformata assumendo sempre più la forma attuale, diventando una filettatura.
Il suo campo di applicazione si è allargato quando si è compreso che, oltre a spostare oggetti in senso assiale, si potevano unire in modo stabile e resistente due o più componenti.
Il suo utilizzo però rimaneva ancora limitato, a causa delle difficoltà riscontrate nel metodo produttivo, ancora molto legato alla maestria del produttore.
Costruire le viti non era impresa facile e ancora più difficile era assicurare che funzionassero come richiesto; quasi impossibile era garantire che fossero tutte uguali.
Tutto ciò che nella costruzione utilizzava viti era e rimaneva un pezzo unico. In caso di riparazione o sostituzione dei componenti, questi dovevano essere adattati con difficoltà e costi elevati.
Solo dopo molti anni, molti tentativi, molte idee e molte prove si cominciarono a intravedere le prime soluzioni.

Il primo tornio:

Nel 1750 circa Antoine Thiout per primo costruì un tornio ad alimentazione manuale con madrevite in grado di produrre in modo ripetitivo particolari filettati.
20 anni dopo Jesse Ramsden migliorò ulteriormente questa macchina e consentì di metter sul mercato viti con un livello di precisione e ripetibilità tali da consentirne l’impiego anche per la costruzione dei primi strumenti di misura, in grado di ripetere le rilevazioni in modo accettabile.

Nel 1760, vista la crescente domanda di pezzi filettati, un primo passo per la loro produzione in modo industriale fu fatto da William Wyatt, il quale per primo brevettò una macchina per produrli in serie.
Le prime richieste dell’industria diedero grande spinta al loro uso ma crearono anche molta confusione, perché le forme, le dimensioni e i profili dei filetti erano lasciati all’inventiva del progettista.

Le prime standardizzazioni:
Nel 1841 Joseph Whitworth raccolse le informazioni sui prodotti maggiormente usati e nel 1860 per primo impostò quello che di fatto fu lo standard di riferimento delle filettature per molti anni; avevano profilo triangolare con angolo di 55 gradi.

Nel 1864 William Sellers sviluppò e propose uno standard di filettature a profilo triangolare di 60 gradi e con varie lunghezze di passo che col tempo divenne lo standard americano UNC e UNF.

Nel 1898 le viti metriche con profilo triangolare a 60 gradi ed altri profili con differenti angolazioni furono proposte da studiosi svizzeri, francesi e tedeschi, ma di fatto il mercato si consolidò su profili derivanti dalla prima realizzazione di Sellers evoluta in versioni metriche, che fu standardizzata.

Nel 1947 la International Standard Organization (ISO) standardizzò le viti standard metriche (M) e le viti BSP threads (R, G) for pipes, mentre le viti americane trovarono una prima standardizzazione nelle tabelle ASME e SAE standard e successivamente in Unified Threads Standard (UTS) del 1949.

Dal 1950 il mercato ha richiesto la realizzazione di varie forme di filettatura, in funzione della loro applicazione: SDS (self drilling), Dry-Wall (per carton gesso), Chip-Board (per truciolare), Taptite, trilobate, ecc. e vari metodi per poterle avvitare; dal taglio cacciavite alle impronte Phillips (Type 1) alla Pozi-Drive (Type 1A), alle Esalobate (Torx) e alle 12Pt oltre a quelle esagonali, sia interne che esterne.

Oggi si utilizzano standard che fanno riferimento a normative comuni con indicazioni di forma, dimensione, livelli di precisione e materiali riconoscibili e accettati da tutti, siano essi utilizzatori o produttori.

Esistono ancora e sono localmente utilizzate normalizzazioni nazionali di ogni singolo Stato (AFNOR per la Francia, UNI per l’Italia, DIN per la Germania, ecc.); tra queste per molti anni e ancora oggi la norma tedesca DIN sembra essere dominante, ma sempre più i produttori e gli utilizzatori adottano le norme ISO (a cui comunque le DIN fanno riferimento).

La globalizzazione del mercato e la crescente richiesta dell’industria automobilistica hanno spinto ad utilizzare materiali nuovi per migliori risultati ed i fasteners si sono evoluti di pari passo.
Il peso:

I fasteners sono chiamati ad assolvere al compito di consentire all’industria di produrre componenti in volumi sempre maggiori; consentono di assemblarli velocemente e facilmente garantendo la stessa funzionalità di un prodotto monoblocco e poiché essi, in peso, sono una delle componenti più importanti di molti sottogruppi (ad esempio di un motore automotive) la riduzione dei pesi è una delle prerogative più importanti ed apprezzate dai produttori.

Sempre di meno per avere sempre di più.
Questo può sembrare un paradosso, ma in realtà è la sfida del futuro; l’industria è chiamata a produrre:

meno forme e dimensioni con maggiori volumi, meno materie prime, migliori caratteristiche tecniche con minor peso, a minor costo.

Ingegneri e ricercatori sono costantemente impegnati a studiare nuovi profili in grado di garantire migliori tenute; nuove forme di teste o impronte, in grado di applicare coppie di serraggio sempre più elevate; nuovi materiali più leggeri e resistenti ma con l’obiettivo primario di renderli sempre meno costosi.

Queste sono le sfide del futuro per un’industria, quella degli elementi di fissaggio, ed un’invenzione, quella del filetto, che hanno alle spalle millenni di storia ma ancora molto da raccontare.
Bibliografia

• Bhandari, V B (2007), Design of Machine Elements,
• Tata McGraw-Hill, ISBN 978-0-07-061141-2.
• Degarmo, E. Paul; Black, J T.; Kohser, Ronald A. (2003), Materials and Processes in Manufacturing (9th ed.), Wiley, ISBN 0-471-65653-4. 
• Oberg, Erik; Jones, Franklin D.; Horton, Holbrook L.; Ryffel, Henry H. (1996), Green, Robert E.; McCauley, Christopher J. (eds.), Machinery's Handbook (25th ed.), New York, NY, USA: Industrial Press, ISBN 978-0-8311-2575-2, OCLC 473691581.
• Roe, Joseph Wickham (1916), English and American Tool Builders, New Haven, Connecticut: Yale University Press, LCCN 16011753. Reprinted by McGraw-Hill, New York and London, 1926 (LCCN 27-24075); and by Lindsay Publications, Inc., Bradley, Illinois, (ISBN 978-0-917914-73-7).
• Wilson, Bruce A. (2004), Design Dimensioning and Tolerancing (4th ed.), Goodheart-Wilcox, ISBN 1-59070-328-6.
• International Thread Standards: https://www.gewinde-normen.de/en/index.html
•  ModelFixings – Thread Data: https://www.modelfixings.co.uk/thread_data.htm
•  NASA RP-1228 Fastener Design Manual: https://it.scribd.com/document/29710691/NASA-RP-1228-Fastener-Design-Manual
Video:

Screws - The Early Years
Brief history of the screw
Giovanni Stagni
Consulente nel settore fasteners
NdR: Per commenti e riscontri sull’articolo, vi invitiamo a scrivere a [email protected]

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giovedì 22 aprile 2021
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