Export di rottame, chi è a favore e chi contro il blocco UE

È una misura che, ancor prima di nascere, è già molto divisiva: una revisione da parte dell'UE delle regole riguardanti l'export di rottami ferrosi, con restrizioni più severe sul libero flusso di materiali fuori dal territorio dell'Unione.

Tra coloro che si sono pronunciati a favore dello stop alle esportazioni, un gruppo di 69 europarlamentari capeggiato da Massimiliano Salini di Forza Italia-Ppe, che in una lettera appello ha richiesto alla Commissione Europea di rivedere le norme in essere. "L'aumento delle esportazioni di rifiuti riciclabili dall'UE è preoccupante: danneggia le nostre aziende e minaccia l'economia circolare europea". Un'eccessiva esportazione di rottame versi i Paesi non-UE deprime, secondo i firmatari, “la produzione europea di acciaio verde con forno elettrico: il rottame ferroso è infatti una risorsa preziosa per l'industria siderurgica che, a seconda del processo che utilizza, ha un enorme potenziale di riduzione delle emissioni, fino a cinque tonnellate di CO2." Le motivazioni addotte sono quindi di natura ambientale: “Queste esportazioni dovrebbero essere autorizzate solo verso Paesi con standard ambientali, climatici e sanitari in linea con l'Europa", ha dichiarato Salini.
Dalla stessa parte della barricata, il Managing Director di Acciaierie Valbruna Massimo Amenduni, secondo cui un blocco dell'export di rottame potrebbe favorire un settore, quello siderurgico, che sta soffrendo a causa della mancanza di materie prime e degli apprezzamenti connessi.
Di segno opposto Assofermet Rottami, che in un comunicato datato 28 giugno si auspica che “venga scongiurata qualsiasi forma di blocco dell’export”. L'associazione dà un quadro molto completo della situazione: a livello europeo, solo “il 42% di produzione di acciaio deriva da forno elettrico (EAF) ed utilizza rottame ferroso in modo massivo.” Le operazioni di raccolta e trattamento del rottame vengono garantite da un tessuto ricco ed efficiente di aziende specializzate, sparse in tutto il territorio UE. Poiché però le produzioni prevalenti (58% dei casi) sono quelle a ciclo integrale (BOF), ritenute più vantaggiose, ne risulta un “eccesso di gettito di rottame di acciaio, che non trova assorbimento e sfogo nella siderurgia UE.”   La situazione italiana, spiega Assofermet, è rovesciata, con un 84,7% di acciaio da forno elettrico contro il 15,3% di produzione da altoforno. “Tuttavia, questa domanda in esubero è stata sempre soddisfatta dagli acquisti effettuati sul territorio UE”: nel 2020 l'Italia ha comprato nei Paesi UE-28 quasi 5 Mt di rottame ferroso.

Secondo l'associazione, l'esito inevitabile in caso di blocco delle esportazioni di rottame sarebbe un “crollo economico” del loro valore, con un'irrimediabile compromissione della filiera del recupero: “Un’iniziativa finalizzata a migliorare le prestazioni ambientali dell’economia UE finirebbe, quindi, per ottenere l’effetto diametralmente opposto, cioè la potenziale distruzione di uno dei pilastri storici della nostra economia circolare.”
Piuttosto sarebbe da considerare “una ristrutturazione generale degli impianti fusori”, che includa e imponga “la chiusura di molti impianti a ciclo integrale e la sostituzione di altiforni con forni elettrici”: un piano strategico di lungo periodo, quindi, con obiettivi condivisi ed ingenti investimenti.
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Per approfondire, il "position paper" di Assofermet che esplora nel dettaglio le motivazioni alla base della presa di posizione dell'associazione. Ecco il link >>
 
Vi rammentiamo anche che il 12 luglio p.v. Assofermet organizza un webinar, tenuto dall'Ing. Carlo Mapelli, Professore del Dipartimento di Meccanica al Politecnico di Milano, che affronterà "Gli scenari a breve/medio termine della siderurgia del domani, a fronte della rivoluzione verde e dei processi produttivi coinvolti. Prospettive e progetti in stato di avanzamento e realizzazione". Locandina e scheda di iscrizione li trovate a questo link >>   Foto di gefrorene_wand da Pixabay