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Ucraina, gli effetti a valanga sul settore acciaio e metalli

Ucraina, gli effetti a valanga sul settore acciaio e metalli

Ucraina, gli effetti a valanga sul settore acciaio e metalli

Poscia, più che il Covid poté la guerra. Per citare Dante Alighieri e il suo Conte Ugolino, alle prese prima col dolore, poi col digiuno, certe volte alcuni problemi ci sembrano insopportabili finché non ne arrivano di peggiori. È probabilmente il caso della guerra in Ucraina, che giunge proprio quando ci sembrava di poter lasciare alle spalle – o almeno mettere da parte – la preoccupazione legata al coronavirus.
Cominciamo subito con una precisazione: non parliamo di vite umane. Quelle che ho citato sono disgrazie che hanno avuto e hanno conseguenze terribili; tante, troppe, persone sono state strappate all'affetto dei propri cari a causa dell'epidemia da Covid-19; tantissime stanno soffrendo o hanno perso la vita a causa del conflitto in Ucraina; si parla di migliaia di vittime, bambini inclusi. Il mio non vuole essere né un paragone, né una mancanza di rispetto verso gli esiti più tragici di queste vicende.
Vorrei trattare una parte del discorso, visto che qua siamo su una piattaforma di matrice industriale: le ripercussioni che la guerra Russia-Ucraina sta avendo sulle vostre attività, sulle vostre aziende. E vorrei affrontare l’argomento in modo concreto, lasciando parlare anzitutto le ditte che ogni giorno affrontano mille problematiche per portare avanti la produzione.
“Si sta verificando una nuova tempesta perfetta,” così l'ha definita Giuseppe Pasini, Presidente del Gruppo Feralpi. Gli aumenti dei costi dell'energia, già ai massimi storici in Europa, stanno mettendo in ginocchio le acciaierie, assieme ai nuovi problemi di approvvigionamento che vanno a sommarsi a quelli vecchi, mai del tutto superati. L'invasione russa dell'Ucraina ha stravolto nuovamente le catene di approvvigionamento globale, che non si erano ancora riprese dalla pandemia.
“Per un gruppo siderurgico come il nostro,” ha dichiarato Pasini, “l'energia elettrica incide per il 40% del costo di trasformazione, la manodopera per il 15%.” Si può ben capire perché una buona parte degli impianti siderurgici italiani e un numero sempre maggiore di fonderie sia ferma: i grossi gruppi preferiscono spegnere gli impianti, talvolta riaccendendoli al weekend, quando la bolletta pesa meno, piuttosto che affrontare l'impatto dei nuovi costi energetici.
Sempre maggiori criticità stanno affiorando anche sotto il profilo del reperimento delle materie prime. Ricordiamo che l'Ucraina possiede le più grandi riserve al mondo di minerale di ferro sfruttabili commercialmente: 30 miliardi di tonnellate di minerale, circa un quinto del totale mondiale. Ma non solo: la produzione siderurgica del Paese costituisce circa il 10% delle importazioni europee. Sulla scia dell'invasione russa, i maggiori produttori ucraini di acciaio hanno fermato la produzione; Metinvest ha invocato le “cause di forza maggiore”, ArcelorMittal ha interrotto le sue attività siderurgiche in Ucraina. La città di Mariupol, da cui partono molti semilavorati siderurgici, è bloccata dall'esercito russo.
Secondo dichiarazioni ufficiali del gruppo Pittini, “l’attuale scenario di guerra sta impattando sulle nostre attività sia dal punto di vista dell’approvvigionamento delle materie prime, che per quanto riguarda l’aumento dei costi energetici. La situazione è molto fluida e stiamo monitorando con molta attenzione gli sviluppi. Al momento non possiamo dire con certezza quali saranno le prossime mosse.”
Sono innumerevoli i siti industriali in tutta Europa che si stanno ritrovando davanti alla prospettiva di non avere più materie prime in magazzino; se non subito, nel giro di pochissimo tempo. Siamo di fronte ad una gigantesca riorganizzazione delle filiere produttive; e le dimensioni dell’impatto, anche dal punto di vista metalli, si vedranno davvero man mano che la slavina rovinerà giù, dal monte delle supply chain fino a valle.
“Stiamo riscontrando massicci aumenti di prezzo dell'energia e del carburante, e sperimentando problemi anche nei trasporti,” ci ha confermato Markus Giese, alla direzione della famiglia tedesca di trafilerie Künne Group. “L'offerta di materie prime è limitata poiché i fornitori stanno tagliando la produzione, l'inflazione sta aumentando drammaticamente e l'euro sta perdendo valore. C'è grande incertezza in Germania sulla fornitura stabile di gas, carbone e petrolio, specialmente per il prossimo inverno. Noi dipendiamo da queste forniture, perché non possiamo spegnere i nostri forni senza danneggiarli o addirittura distruggerli. Senza contare che gli effetti delle sanzioni imposte non possono ancora essere valutati.”
Un'altra trafileria, ma di Lecco, ci ha reso questa dichiarazione in forma anonima: “Nel settore filo, sono molte le ferriere che hanno chiuso gli ordini lasciando le trafilerie prive di fornitura, se non quella già assicurata o in stock. Aleggia però nell'aria una sensazione indefinita che ci siano speculazioni in atto e che presto gli ordini apriranno nuovamente, ma questa volta con prezzi molto più alti e non trattabili.”
“Il prezzo di gas, elettricità, imballi e materie prime è salito in modo esponenziale, e non sappiamo quanto ancora aumenterà,” ci ha confermato la direzione della nota azienda produttrice di filo Bottaro. “Molte acciaierie stanno già riducendo la produzione. Billette e bramme per esempio, sono introvabili. Scarseggiano anche i rottami di cui Russia e Ucraina erano importanti esportatori verso Europa, Turchia e USA, causando una forte crisi anche di questo comparto. L'instabilità economica e commerciale che stiamo vivendo ha gravi ripercussioni sulla possibilità dell'azienda di programmare la produzione. Molti contratti subiranno ritardi considerevoli oppure verranno annullati per causa di forza maggiore, provocando quindi nuove tensioni sui prezzi delle materie prime e incertezza sul reperimento delle stesse.” C'è poi la crescita fuori controllo del prezzo del petrolio, che – come testimonia anche Bottaro - ha ripercussioni sul settore dei trasporti, sia via mare che via gomma: “Molte navi non sono disponibili perché bloccate o ancora impegnate in operazioni di scarico o carico in quei porti russi o ucraini dove purtroppo la guerra imperversa.”
Se scendiamo un po' più a valle, troviamo tutti coloro che lavorano CON e PER chi fa semilavorati come il filo metallico. Davide Vassena, dell'omonima azienda produttrice di filiere, ci ha parlato di effetti sia diretti che indiretti del conflitto Russia-Ucraina. “Per quanto riguarda i primi, la nostra quota di produzione destinata alla Russia era del 7%; non moltissimo, ma neanche poco. Ci sono poi le conseguenze indirette del conflitto. La richiesta di acciaio qui in Italia è molto alta, da quelle zone non arrivano forniture, così l'acciaio sul mercato è insufficiente a colmare la domanda; il problema va poi a sommarsi al caro energia. Questa situazione, che inizialmente ha colpito soprattutto acciaierie e trafilerie, sta ricadendo a cascata anche su tutte le altre maglie della catena produttiva.”
Da Assofermet è arrivata la richiesta, espressa in un tavolo di crisi voluto dal MiSe e tenutosi il 10 marzo scorso, di “sospendere temporaneamente le barriere commerciali attualmente in vigore in Europa, per consentire alle aziende la più ampia possibilità di approvvigionarsi sui mercati esteri.”

Le testimonianze sono di questo tenore anche nel settore del tubo.
Franco Cortassa, general manager di Elestar
: “La nostra società opera in Ucraina da diversi anni; nel Paese abbiamo installato diversi sistemi di saldatura a induzione per tubi in acciaio. Oggi è impensabile riuscire a comunicare con i nostri clienti sul posto; tutte le operazioni tecnico-commerciali con l’Ucraina, ma anche con la Russia, dove la nostra società è presente con impianti simili, sono interrotte.”
Veniamo al capitolo fasteners. “Le bollette, anche nel nostro caso, sono triplicate,” dichiara Isabella Fusani, Responsabile Commerciale dell’omonima Viteria. “Stiamo mantenendo aperto il dialogo con i nostri clienti a proposito dei listini che non possono essere mantenuti invariati di fronte a situazioni del genere. Fino ad ora, noi abbiamo superato il rischio di fermo produttivo dovuto a mancanza di materiale perché abbiamo sempre lavorato facendo scorte ponderate, ma il continuo aumento di richieste di produzione ci porta ad avere una rotazione veloce del magazzino. Le sanzioni che UE e Stati Uniti stanno applicando alla Russia avranno conseguenze durissime sull’economia, sia a livello prezzi, sia a livello reperibilità di diversi prodotti tra i quali, oltre alle fonti energetiche, anche i metalli e i cereali. Pur non importando o esportando noi nulla dai Paesi in guerra, ci aspettiamo che le realtà produttive che invece si approvvigionavano in quei bacini ora si riversino su altre aree provocando un aumento della domanda che inevitabilmente porterà un’ulteriore scarsità dell’offerta e altri aumenti dei prezzi, innescando meccanismi di inflazione. Stiamo anche rifiutando - purtroppo - lavori interessanti perché non abbiamo più spazio per soddisfare il grande numero di richieste.”
Tutto ciò - inutile girarci attorno - porta a pensare a “scenari catastrofici”, come li ha definiti Bottaro. Ma prima di “lasciare ogni speranza”, sempre per citare Dante, stavolta sulla porta dell'inferno, ne riponiamo una nella pace. Una fiammella piccola, che tutti noi, da qualunque parte stiamo, qualunque sia l'impatto di questa guerra sulla nostra vita, non possiamo smettere di alimentare. Perché, al di là dei confini e delle valutazioni personali, questa guerra – in un mondo così interconnesso - ci colpisce tutti.

Daniela Di Maggio
Caporedattrice
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lunedì 14 marzo 2022
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