Bertuletti (ANCCEM): “Il futuro del comparto molle passa da innovazione e ricambio generazionale"

Eletto il 23 maggio 2025 alla guida di ANCCEM, l’Associazione Nazionale Costruttori di Molle e Componenti Elastici, Fabrizio Bertuletti prosegue, in continuità con la Presidenza Silvestri, il percorso di crescita e rappresentanza dell’associazione, in un anno tutt’altro che semplice per la filiera. Lo abbiamo sentito per commentare l’andamento del 12° Congresso della European Spring Federation (ESF), svoltosi a Versailles, e per fare il punto sul presente e sul futuro del settore molle in Italia.
Presidente Bertuletti, come valuta questo primissimo scorcio di mandato e la situazione generale del comparto?
Direi che il 2025 si sta chiudendo senza infamia e senza lode. Le aziende stanno lavorando, ma più sulle urgenze che sulla pianificazione. Il mercato interno è piuttosto statico e alcuni grandi clienti hanno risentito indirettamente dei dazi e delle tensioni nei rapporti con aziende americane o russe, con conseguenti spostamenti sensibili negli ordini. Le materie prime, per fortuna, restano abbastanza stabili. Speriamo che il 2026 porti segnali più incoraggianti.
Parliamo del Congresso ESF di Versailles. Che clima si respirava?
È stato un evento riuscito, con oltre 150 partecipanti da tutto il mondo. Oltre agli interventi tecnici, è stata un’occasione per “sentire il polso” della situazione globale. Il Presidente ESF, Paul-Bernd Vogtland, ha riassunto molto bene le principali sfide con cui ci misuriamo: sostenibilità, trasformazione industriale, digitalizzazione e cambiamenti geopolitici.
Che quadro è emerso dai contributi dei diversi Paesi presenti al congresso?
Negli Stati Uniti, come ha spiegato Donald Jacobson (Presidente dello Spring Manufacturers Institute), il settore vive una fase di contrazione. Più della metà della produzione di molle è destinata all’automotive, con l’industria dei macchinari industriali al 20% e i comparti aerospaziale e medicale in crescita intorno all’8%. Età media dei lavoratori elevata, difficoltà di ricambio generazionale e rischio di perdita di competenze sono le criticità dei mollifici americani - così come dei nostri! A tutto questo si aggiunge una concorrenza globale sempre più aggressiva: molte aziende scelgono di unirsi o consolidarsi per riuscire a reggere il confronto.
Per il Giappone, il Presidente della Japan Spring Manufacturers Association Shuichi Katahira ha parlato delle “lost three decades”, il prolungato periodo di stagnazione economica che ha interessato il suo Paese a partire dai primi anni '90, dopo lo scoppio della bolla speculativa. Debolezza dello yen, dazi americani e costo dell’energia restano un problema per i mollifici giapponesi, i quali devono ora fare i conti anche con nuovi limiti imposti dalle normative sul lavoro, che mettono un freno alle ore di straordinario consentite.
Dall’India, d’altro canto, ci è giunto un racconto molto diverso, quello di una realtà in forte crescita. Come ha illustrato Utpal Shah, Presidente della Indian Spring Manufacturers Association, il settore delle molle indiano beneficia di un’economia interna in espansione e di riforme governative favorevoli. Anche a fronte di un certo gap tecnologico ancora completamente da colmare, c’è una nuova generazione di imprenditori intraprendenti, pronti a prendere in mano le redini delle molte aziende padronali sul territorio. Ad aprile accoglieremo una delegazione indiana in visita ai mollifici italiani, un’iniziativa ANCCEM per favorire il dialogo tra le nostre aziende e quelle del subcontinente.
E per quanto riguarda l’Europa?
Vogtland, intervenendo a nome dell’industria europea, ha segnalato un calo del 10% dell’export extra-UE. L’automotive resta il principale settore applicativo delle molle made in UE, seguito da energia, edilizia, medicale e difesa – questi ultimi in crescita. Cala la domanda di molle standard, mentre aumentano i piccoli lotti tecnici e le richieste personalizzate. Le pressioni competitive sui prezzi sono fortissime, oggi persino nei segmenti di alta qualità.
Ha poi sottolineato due temi: il ritardo nello sviluppo della mobilità elettrica e le difficoltà del passaggio generazionale nelle imprese familiari. Quest’ultimo è un argomento che ci tocca molto da vicino.
ANCCEM sta lavorando su questo fronte?
Sì, stiamo valutando un percorso di formazione dedicato ai giovani imprenditori che si apprestano a prendere la guida delle aziende di famiglia. Vorremmo creare un corso biennale di accompagnamento, che offra strumenti manageriali e competenze trasversali. È un tema cruciale per garantire la continuità delle nostre imprese.
In Italia l’efficacia delle politiche di incentivo tecnologico resta da capire. Lei come la vede?
Direi che non hanno dato i risultati sperati. Le misure Industria 4.0 è stata abbastanza soddisfacente mentre la 5.0 non hanno trovato un’ampia applicazione. In particolare, la 5.0 è troppo complessa: richiede investimenti importanti e poche aziende sono riuscite a sfruttarla davvero. Spero che nel 2026 il governo riveda e rilanci queste agevolazioni.
Su cosa si concentrerà l’attività di ANCCEM nei prossimi mesi?
La formazione resta al centro della nostra missione. Stiamo programmando nuovi corsi per gli associati, convinti che la competenza sia la chiave per affrontare un mercato in trasformazione. Stiamo anche valutando l’ampliamento della sede di ANCCEM, per dare più spazio alle nostre attività formative e associative: un passo che riflette la volontà di crescere come comunità e di offrire agli associati strumenti sempre più efficaci. Ci sarà poi il nostro congresso annuale, a maggio 2026, un momento importante di confronto: non abbiamo ancora deciso quale sarà il tema portante, ma sicuramente parleremo ancora di intelligenza artificiale, applicata specificamente al mondo delle molle.
