Il bilancio dell'anno: siderurgia, lenta ripresa. Restano i «nodi».

[NdR 23 gennaio 2025: per i dati più recenti sulla produzione italiana di acciaio, leggi l'articolo aggiornato.]
Siderurgia, lenta ripresa. Restano i «nodi».
Il bilancio dell'anno. Il comparto nazionale si appresta a chiudere un 2010 con una produzione in aumento sul 2009, ma ancora lontana dalla performance del 2008 Pasini (leader Federacciai): «L'Italia è ripartita ma con diverse velocità Le incognite sistema-Paese, export e materie prime pesano ancora». Giuseppe Pasini, leader Federacciai Un 2010 in lenta ripresa. Troppo modesta per ambire a raggiungere i livelli pre-crisi, pur all'interno di un contesto meno grave. È la fotografia della siderurgia italiana, scattata da Giuseppe Pasini, presidente di Federacciai e leader del gruppo Feralpi di Lonato. «L'ANNO che sta per chiudersi è stato migliore del 2009 - sintetizza -, ma era cosa pressoché semplice visto il confronto con l'annus horribils per eccellenza». I numeri parlano chiaro. I primi undici mesi di questo esercizio hanno registrato una produzione, a livello nazionale, di 23,8 milioni di tonnellate (dati Federacciai), ovvero il 29,7% in più su base annua, ma il 17,7% in meno rispetto al 2008. Le proiezioni per l'intero 2010 sono proiettate non oltre i 25 milioni di tonnellate: in altre parole, +30% sul 2009 e un netto -17% su due anni prima. Nel frattempo, l'attività mondiale, sospinta dall'Asia e dall'immancabile Cina, ha sfornato in undici mesi un miliardo e 280 milioni di tonnellate, in aumento del 16,2% sull'anno prima e - soprattutto - del 4,6% sul 2008. «Il comparto nazionale è di fatto ripartito - commenta Pasini - ma a diverse velocità». Se le buone performance della meccanica, alimentate dalla ripresa delle esportazioni, hanno sostenuto il mercato degli acciai speciali e di quelli inossidabili, lo stesso non si può dire per l'edilizia e per tutto quello che ne consegue. «Il settore delle costruzioni è ancora al palo - sottolinea il leader di Federacciai - e questo ha avuto ripercussioni sui prodotti siderurgici destinati proprio a questo ambito di grande rilievo nell'economia nazionale». Non sono liete le note per Brescia, polo siderurgico per eccellenza (la produzione bresciana di acciaio è circa un quarto di quella nazionale), che poggia il business sul tondino (con la vergella raggiungono l'80% del totale), travi e laminati. Tre prodotti che vivono di edilizia. «Il 2010 ha visto anche una crescita dei fatturati - precisa Giuseppe Pasini - grazie a volumi di vendita e prezzi in salita rispetto all'anno prima. Ma non mancano le criticità. Ancora una volta abbiamo dovuto fare i conti con il peso rappresentato dal rincaro delle materie prime: un incremento che trova ragion d'essere non nella domanda reale, ma nelle mosse speculative». Sul fronte delle esportazioni - un tempo mercato di sbocco per l'acciaio italiano a partire dal Nord Africa - «gli spazi sono più angusti a causa di una maggiore e agguerrita concorrenza anche da parte di Paesi comunitari».
In un quadro come quello attuale, comunque, non è tanto il motore siderurgico nazionale a essere in affanno, ricorda Pasini, quanto il sistema-Italia ad arrancare. Un contesto che di "sinergico" ha ben poco, slegato com'è nel coordinamento delle attività economicamente strategiche e, viceversa, contorto e disorientante nelle spire della burocrazia. Se a questo si aggiunge anche la situazione, non poco ingarbugliata, a livello politico, non ci sono molti elementi per essere ottimisti. «Come imprenditore - sottolinea il leader di Federacciai - non vorrei vedere il Paese fermarsi a causa della caduta prematura di un Esecutivo». Un Governo che qualcosa ha fatto, qualcosa no. «In campo energetico - sottolinea - ha dato una mossa all'immobilismo precedente, perché l'Italia ha necessità di diversificare le fonti con nucleare e rinnovabili». Rimane però «l'incapacità dell'Italia nell'attingere alle risorse comunitarie per dare vita a progetti infrastrutturali come, ad esempio, la Lione-Torino». Ed ancora, «si è adottata una sana politica del rigore dei conti, ma non si è dato seguito a progetti per avviare la ripresa e lo sviluppo», aggiunge Pasini. Tornando alla siderurgia nazionale e guardando in prospettiva, «il primo semestre del 2011 - dice Pasini - si muoverà sulle orme di quest'anno». Solo nella seconda metà dell'esercizio «potremo vedere alcuni miglioramenti».
Rimane piuttosto complicata la questione occupazionale, pur nello sforzo compiuto dal settore - nel tentativo di non espellere forza lavoro dagli impianti - con il ricorso ai contratti di solidarietà. La siderurgia nazionale occupa 60mila addetti, di questi poco più di seimila sono occupati negli impianti della provincia di Brescia. «Viviamo in un contesto in cui la produzione eccede strutturalmente la domanda - conclude il presidente Pasini -. Credo che non si tornerà ai livelli pre-crisi. Realisticamente, anche il dimensionamento occupazionale dovrà tenerne conto».
Marco Taesi
